Antologia critica


"Valente Taddei è un teppista. Un teppista che si muove a zig zag nell'immaginario visivo del secolo appena trascorso, depistando chiunque cerchi di incasellarlo da qualche parte. E dire che, volendo, nobili natali se ne potrebbero trovare. A partire, naturalmente, da Klee viaggiatore in Tunisia. Ma anche, in modo meno ovvio, in tutti quegli artisti, capostipite Kandinskij, che hanno sottratto il disegno alla forza di gravità, che ci hanno insegnato a guardare 'di sotto in su'. L'elenco potrebbe continuare a lungo. A mo' di promemoria, menziono ancora il Giacometti imbrigliato nella rappresentazione dei lampadari e la storia lunga di un'icona non solo figurativa, quella del funambolo. Quelle di Taddei sono opere che potrebbero dunque star di casa in più di un filone della nostra tradizione figurativa. Cercarsi e trovarsi là dove le forme danno forma all'immaginario. E questa potrebbe essere la fine del viaggio. Ma poi qualcosa si incrina, irrompe un sé irriducibile ad ogni definizione storiografica, sotterraneamente sovversivo. Alla messa in scena di intimità, appena velata di malinconia, fa seguito un fare spallucce, un avviarsi sommesso per la propria strada, con passo leggero. Leggero come le figure che popolano i suoi quadri: segni irriverenti al luogo comune, frasi da leggere con la lente di ingrandimento"

Maria Perosino
(dal catalogo della mostra personale "Racconti in breve" di Valente Taddei, Mercurio Arte Contemporanea, Viareggio, 2000) 




"Gli omini di Valente Taddei sono nati per istinto e un po' di sbieco, meravigliati e distratti. Sono esseri che spiano da dietro l'angolo e guardano altrove. Con gli occhi spalancati e le orecchie, che non hanno, ben tese. Si animano di notte, ma non restano al buio. Sono creature divertenti che abitano Valente, che premono per uscire dalla sua matita ovunque si trovi. Non hanno peso, ma la loro traccia resta sui vostri muri, sui libri, le stoffe, i fogli, le bozze e le carte, prima ancora che tu tele e 'vele'. Le linee di valente Taddei sono il filo conduttore di un'elettricità ad alto voltaggio: quella delle emozioni e dei sentimenti
"

Irene Babboni
(dal catalogo della mostra personale "Racconti in breve" di Valente Taddei, Mercurio Arte Contemporanea, Viareggio, 2000)




"Valente Taddei gioca a vestire un microscopico individuo dei ruoli più disparati: con stile minimalista, ne racconta le potenzialità e la determinazione, il coraggio e la complessità. Questo uomo appare sostanzialmente 'fuoriluogo': un filosofo che vive del suo esistenzialismo, rispondendo in parte all’arcana coscienza universalistica. Gioca al paradosso delle sue aspirazioni, mentre ineluttabile effimera resistenza oppone all’inesorabile sconfitta. E’ il grande gioco del suo destino, che lo spinge ad osare. 
La ricerca di una verità possibile, delle infinite passioni che lo animano, lo conduce all’apice - paradosso delle sue capacità. Taddei dipinge l’uomo e i suoi infantili tentativi che lo raffigurano nel mondo dell’assurdo, cercando però di sdrammatizzarne un destino inevitabile. L’uomo è il protagonista del grande palcoscenico della vita. Eppure, con le sue opere, l’artista sembra voler ristabilire i giusti limiti entro cui l'uomo stesso può muoversi, umile granello di un universo che potrebbe vivere tranquillamente senza la sua presenza"

Cristina Olivieri
(dal catalogo della mostra personale "Fuoriluogo" di Valente Taddei, Merlino Bottega d'Arte, Donoratico, 2009)




"È un deserto colorato, quello di Valente Taddei. A malapena si scorgono, nella prospettiva 
scenografica, uno spicchio di luna, un sole largo o una puntinatura di stelle. Non ci sono case o alberi; né strade o spiagge. Tutto si risolve nel dialogo di quell’omino con i suoi oggetti e nell’esibizione emotiva di un istante, capace di restarci affisso dentro, come un quadro. Appunto. Non c’è ombra, né terza dimensione: il senso di ogni cosa è in quella linea leggera e creatrice, che traccia l’omino e lo mette in relazione con le sue stesse azioni. La linea di Taddei asseconda le avventure dell’omino e talvolta si arricciola in un groviglio di pensieri, diventa la traiettoria di un dardo lanciato verso le stelle, partorisce un retino per acchiappare una farfalla o una lampada altissima che proietta su un libro una luce verticale. Una delle cose che mi convincono, di Valente Taddei, è che ha il dono della semplicità: un talento raro e magico, che mi permetterebbe di mostrare una qualsiasi di queste opere a un Nobel o a un bambino, intercettando senza fatica le suggestioni di entrambi. E mi piace percorrere il mondo senza sfondo che questi quadri mi fanno conoscere. Può l’arte sembrare 'silenziosa'? A me pare che qui non servano grida né sussurri, né rumori o colonne sonore: è tutto intellegibile. Niente da dire”

Fabrizio Brancoli
(dal catalogo della mostra personale "Minima maxima sunt" di Valente Taddei, Centro Congressi Principe di Piemonte, Viareggio, 2013)




"L’opera di Valente Taddei è una continua piccola poesia in prosa. Di semplici tematiche, mette in scena un "sognato quotidiano" comune. Niente si definisce con nettezza ma sfuma, resta aperto, appare come una continua ininterrotta linearità. Tutto sembra così semplice e facile, la parola giusta al momento giusto. E questa semplicità è proprio prova del suo contrario: dello studio di progettazione, della ricerca per trasformare un tema come l'arpione scagliato verso le stelle o la scala sulla luna della nostra infanzia in una rappresentazione viva, tuttora ancorata a un nostro modo di sentire che il diventare adulti non è riuscito a stereotipare. Quella linea spesso in libertà, che con lo sguardo seguiamo dipanarsi come fosse un punto in movimento, si fa confine tra due spazi che, grazie anche al trattamento sfumato del colore, condividono una comune atmosfera. Cielo e terra si compenetrano, divisi da una luce pur restando della stessa materia cromatica. Ed ecco che quei due spazi così netti ci appaiono d’improvviso aperti, indefiniti, e chiedono alla nostra coscienza di completarli, di dire loro cosa sono in realtà, cosa significano e cosa rappresentano. È questo l’aspetto di complicità che ci restituisce l’opera poetica delle cose. E quell’omino onnipresente, anch’esso tutto linea e luce, è sempre il nostro piccolo alter ego, il noi sognante fatto della stessa materia dei sogni e come tale pronto a dissolversi al primo irrompere della realtà"

Marco Del Monte
(dal catalogo "Valente Taddei: Carte 2015 2016", 2016)




"Nelle opere di Valente Taddei, nelle sue figure, c'è una dismisura. Nei suoi colori, un urlo. C'è una tonalità dominante - un blu, un rosso, l'alba di un viola, il crepuscolo di un azzurro: è la profondità dello spazio, che in un punto poi si attenua e lascia trasparire il laser della linea. E il laser brucia. Perché nella linea ci sono il racconto e il senso. E c'è l'uomo particella. Va detto subito, per non fare confusione, che non è piccolo, anzi minimo, l'uomo particella: sono immense le cose con cui ha a che fare. E' questo il verso della dismisura.  L'uomo particella deve vedersela con un amo che ha bisogno di una gomena per lenza; con un orologio in cui ci si perde come nel tempo; con un albero fitto fantastico, esso stesso proliferazione di miriadi di scelte; con una pesca di stelle non marine ma celesti; con una scala che porta non alla cabina - che è lì - ma alla luna che è. accecante o sfuocata, irraggiungibile o sognata, sempre laggiù, a ricordare la solitudine che alla fine unirà e distanzierà tutte le particelle dell'universo, comprese quelle che in questo istante siamo noi, il nostro corpo, il nostro cuore, la nostra mente"

Ernesto Franco
(dal catalogo della mostra personale "Ipercosmi" di Valente Taddei, Galleria Europa, Lido di Camaiore, 2022)


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